La censura

Quando la storia vuole ripetersi

Share Story

Nel corso della storia, la censura è stata utilizzata per cancellare importantissimi pezzi di storia, documenti che inducevano al pensiero autonomo e rigettavano le figure del potere momentaneo. La censura è stata, quindi, uno strumento per tenere soggiogate le menti. Uno strumento che, con la nascita dello stato moderno e delle democrazie – e quindi non in tutto il mondo – è stata un po’ accantonata, in favore della libertà di parola e di pensiero. Tutti, al giorno d’oggi, possono leggere e informarsi accedendo a fonti molto diverse tra loro, anche diametralmente opposte.

L’era del controllo attraverso i media e la censura pare essere finita, in favore di un’era moderna, libera, aperta. Eppure, la storia si ripete, o forse – non esattamente ripetendosi – arriva a fare un giro completo su sé stessa, cambiando l’ordine degli addendi. Il risultato, però, non cambia. Ed ecco che, adesso, nell’anno 2023 – un anno che nel ‘900 veniva considerato come la massima espressione del progresso e del futuro – ritorna la censura, nei confronti di opere che esistono da anni.

Attenzione, però: non è una censura che vuole cancellarle, per controllare le menti; è, piuttosto, una censura che vuole “migliorarle”, o addirittura “pulirle”, rendendole meno grezze, più adatte agli occhi innocenti di bambini. Parliamo di una censura volta a modificare queste opere, sostituendo o cancellando parole che possono essere ritenute troppo “ruvide” o “offensive”, in modo che chi legga possa sentirsi a proprio agio, senza subire uno shock, o un’offesa.

Ora, in alcuni casi questa cosa è anche molto nobile: pensiamo, ad esempio, a tutte quelle opere che contengono parole ed espressioni apertamente razziste, scritte da autori bianchi. La censura e la cancellazione di certe parole dall’opera – con il conseguente obiettivo di arrivare alla cancellazione di tali parole dal vocabolario di tutti i giorni – potrebbe aiutare ad educare le giovani generazioni a non utilizzare mai quelle parole, a non vederle messe all’interno di alcun contesto.

C’è, però, ovviamente anche un altro lato della medaglia, uno più sottile: la cancellazione di ogni verbo, vocabolo, aggettivo o chicchessia che può essere considerato offensivo o fuori luogo. Parole come “nano”, “grasso”, “brutta” ecc., che si sono offensive se usate nel modo sbagliato, sono però anche parole che fanno parte del vocabolario della lingua italiana da tempi immemori, e prese da sole non hanno alcun significato maligno celato al loro interno. E’ sempre l’intenzione di chi le utilizza a renderle taglienti e offensive.

Quindi, la soluzione non dovrebbe essere quella di cancellarle e censurarle, agendo sul problema solo a un livello superficiale. Piuttosto, gli interventi dovrebbero essere alla base, agendo sull’educazione delle giovani generazioni.

Educare i bambini e gli adolescenti a un uso più consapevole della lingua, a un modo di rivolgersi agli altri non tagliente, fatto senza l’intenzione di ferire. Aiutare a non utilizzare la lingua – italiana o qualunque altra essa sia – in modo da trasformarla in qualcosa che voglia solamente ferire.

Aiutarli, quindi, a capire che ci sono dei contesti in cui le parole vengono usate, e che alcuni contesti sono sbagliati e negativi. La semplice cancellazione di un qualcosa, non significa l’eliminazione del problema. E’ solo una copertura, un qualcosa di superficiale.

Il cambiamento non deve avvenire solo a un livello visibile a tutti, ma che in fondo non cambia nulla. Il cambiamento deve avvenire alla base, in modo che i suoi frutti si possano vedere con il tempo, in maniera totalmente veritiera.

Tags

Share Article

Related Posts

This is articles having same tags as the current post.