Rosa Amodio, in arte ÉtÉ, è una giovane promessa del panorama musicale partenopeo. Nasce a Napoli il 1 febbraio 2003 e sin dalla prima infanzia si appassiona alla musica iniziando a studiare pianoforte, chitarra e infine canto. Dopo l’esordio con il brano Raggio di Sole, è da pochi mesi tornata con la pubblicazione del suo primo Ep, un vero e proprio viaggio nel suo “lato interiore”.
Abbiamo avuto il piacere di conoscerla meglio.
D: Ciao Rosa, prima di tutto grazie per aver accettato di rispondere a qualche mia domanda conoscitiva. Partiamo dalla base e cioè, parlaci di te. Chi sei, cosa fai, da dove vieni e dove hai intenzione di andare?
R: Ciao, grazie a voi per avermi dato l’opportunità di fare quest’intervista! Io sono una cantautrice, e vengo da Napoli, la città del sole e del mare, ma soprattutto della musica. In realtà quello che faccio è molto semplice: comunicare con le persone, attraverso la musica, appunto, che è il mezzo di comunicazione che preferisco tra tutti, insieme alla scrittura. Dove ho intenzione di andare non lo so ancora: me lo dirà solo il tempo.
D: Il tuo nome d’arte, ÉtÉ, è breve e risulta d’impatto. Ma come nasce e cosa nasconde dietro?
R: ÉtÉ significa “estate” in francese, e ho scelto di chiamarmi così perché c’è stata un’estate della mia vita, l’estate 2019, in cui per la prima volta dopo tanto tempo mi sono sentita viva davvero. Quando poi è tornato l’autunno ero triste, rivolevo indietro l’estate, ma a quel punto ho pensato: e se portassi sempre un po’ d’estate dentro di me? E a farlo, ci riesco anche grazie alla musica. Quando canto per me è sempre estate.
D: Da qualche mese è uscito il tuo primo EP, prodotto da Andy Milesi: Il lato interiore. Il titolo è chiaro e così lo scopo. Data anche la tua giovane età, hai trovato difficoltà nel venire a contatto col tuo io più profondo o questo processo si è rivelato, in fin dei conti, naturale?
R: Mi è venuto piuttosto naturale, in realtà. Guardarmi dentro è una cosa che, per quanto sia scomoda, in fondo faccio o cerco di fare sempre, anche se penso ci sia ancora molto da scavare. Ma credo che conoscere noi stessi sia il primo e fondamentale passo per conoscere poi anche il mondo che ci circonda in tutte le sue sfumature.
D: Il viaggio nella tua musica si compone delle diverse fasi di un amore: dall’innamoramento, alla disillusione, giungendo, infine, alla tanto agognata rinascita. Quale di queste fasi ha richiesto maggior autoanalisi da parte tua e, quindi, a quale brano ti senti ad oggi più legata?
R: Penso la disillusione. Una volta che tutto il castello che ti eri creata in testa crolla, è come se venissero a mancarti tutte le certezze in un colpo solo, e quindi ti senti confusa e destabilizzata, come se avessi perso il controllo sulle cose. La mia canzone preferita tra tutte è “Sulla mia pelle” infatti, perché rappresenta quella fase in cui ti sei resa conto che una determinata relazione ti fa soltanto male, ma allo stesso tempo ci sei ancora incastrata, non riesci ad uscirne, e questo perché spesso facciamo di tutto per mantenere vive delle illusioni a costo di sacrificare perfino noi stessi e la nostra stessa libertà che, invece, è sacrosanta. In una relazione devi sentirti libero, prima di tutto. Qualsiasi tipo di relazione sia.
D: La vulnerabilità è una parte fondante ed essenziale del tuo progetto. La musica è il tuo unico modo di canalizzarla ed esprimerla? Parlaci del tuo rapporto con questa.
R: La vulnerabilità richiede un grande sforzo, che paradossalmente è lo sforzo di lasciare andare. Lasciare andare ad oggi mi risulta molto difficile, ma ci provo ogni giorno a farlo, passo dopo passo. La musica è uno dei canali che mi permette di rendermi vulnerabile ed esprimere la mia vulnerabilità, ma per esempio mi piace anche molto scrivere pensieri, libri, testi brevi.
D: I sei singoli, sebbene vari e diversi tra loro, tendono a inquadrarsi in uno stesso filone dolce e malinconico. C’è un artista a cui ti sei ispirata, a cui ti ispiri, per fare musica? Se sì, chi è e perché?
R: Mi piace molto Malika Ayane, perché è un’artista che ha un timbro e uno stile particolari, e le sue canzoni sono sempre molto raffinate. Per questo secondo me si distingue dalla massa. Credo che la sua musica, anche inconsciamente, abbia avuto un grande influsso su di me.
D: Giugno ’73 di De André è l’unica cover presente nel tuo Ep. A cosa è dovuta la scelta di inserirla, ma soprattutto di interpretarla?
R: Giugno ’73 è una canzone che dal primo ascolto mi ha colpito subito, diventando una delle mie canzoni preferite. La musica è bellissima, ma anche il messaggio che trasmette. Parla, infatti, di tutti i vari motivi per cui si è interrotta una storia d’amore, gli ostacoli, e le differenze tra i due. Ma De André conclude dicendo che, nonostante tutto, è stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati. E’ un invito a non considerare le cose prive di valore solo perché sono finite, ma ad apprezzarle pur nella loro finitezza.
D: Qual è la strofa più significativa, fra tutti i brani, con cui ti sentiresti di riassumere l’intero Ep?
R: «Eppure un raggio di sole basta a convincermi che tutto passa»
E’ una frase che ha un significato di speranza. Spesso anche le cose più semplici possono portarci a vedere la realtà da una prospettiva diversa, creando un’alternativa al nostro dolore.
D: Ci sono progetti in cantiere per il futuro? Cosa vuoi e puoi dirci in merito?
R: Sicuramente mi piacerebbe fare uscire nuove canzoni e già ho qualche idea in merito, ma poi per il resto si vedrà!
D: ÉtÉ, grazie mille per la tua collaborazione. Prima di lasciarci però, siamo curiosi di sapere quale consiglio daresti alla Rosa del passato e quale augurio all’ÉtÉ del futuro.
R: Alla Rosa del passato direi: lascia andare le persone tossiche, non ti servono nella tua vita. All’ÉtÉ del futuro invece auguro di essere libera, dai giudizi esterni, dal passato, dalle paure, da tutto.